Olio, manca la giusta cultura
L’olio è un alimento straordinario, sia dal punto gustativo sia dal punto di vista nutrizionale. Ma in Italia, ancora oggi, manca una vera e propria cultura in merito. “Nelle cucine professionali spesso si utilizzano olii comprati nei contenitori da 5 litri – così esordisce Matteo Scibilia, chef con oltre 40 anni di esperienza – L’olio impiegato viene recepito come elemento grasso, concezione che può essere anche accettabile se si usa l’accortezza di usare il grasso giusto senza mai rinunciare alla qualità. Usato a crudo deve risultare sempre eccellente, indipendentemente che venga usato sul pesce, sulla carne o sulle verdure”
Fondamentale per valorizzare un piatto, ma attenti agli abbinamenti
L’olio è quindi un ingrediente fondamentale per valorizzare un piatto ed esaltarne i sapori. “La storia ci insegna che l’olio va abbinato ai prodotti del territorio, rispettandone l’identità secondo regole non scritte ma da sempre seguite con rigorosità. Se sulle cime di rapa è perfetto quello pugliese, sulle carni o con una buona pasta e fagioli si utilizza un quello toscano oppure umbro. Mentre su una trota lessata si accosta un olio del Garda.” Abbinamenti che ne esaltano il sapore, come ci spiega Chef Scibilia.
Pesce di lago e olio, connubio dai risultati straordinari
“I pesci d’acqua dolce fanno parte della nostra tradizione gastronomica in quasi tutte le regioni. Hanno una propria identità precisa, devono essere trattati in maniera diversa con una attenzione particolare e gli ingredienti che lo accompagnano devono essere adeguati. Pesci come il lavarello e il salmerino, per esempio, hanno una carne morbida e un sapore delicato, non sono il branzino o l’orata che puoi trattare con tranquillità” L’abbinamento olio-pesce di lago è peraltro tra i più interessanti, come ci dimostra lo chef.
Missultin, ricetta da riscoprire
Piatto tipico della cucina lariana, i missultin (gli agoni essiccati) erano un tempo una preziosa risorsa alimentare per la popolazione del Lago di Como. Oggi sono un prelibatezza che è sempre più difficile trovare nella ristorazione milanese nonostante sia una ricetta semplice quanto gustosa, “Gli agoni vengono prima puliti ed eviscerati, quindi salati e coperti di alloro. Una volta essiccati e grigliati, vengono conditi con olio, ovviamente del Garda, e aceto bianco. Perfetti da abbinare alla polenta. Come l’alborella, servita infarinata e fritta oppure sott’olio”
Olio italiano, qualità alta ma pessima comunicazione
Ma dietro una gustosa portata di pesce, si celano spesso problematiche a dir poco preoccupanti. A cominciare dalla difficoltà della filiera produttiva. “Se la Spagna copre quasi il 75% della produzione mondiale con cinque aziende, in Italia ne produciamo un 10% con circa 1500 aziende. E questo avviene perché i nostri produttori sono artigiani che rappresentano un pezzo di territorio e ne preservano le tradizioni. Ma sono aziende molto piccole, spesso familiari, che fanno fatica ad investire. La conseguenza è che ad una elevata qualità del prodotto non corrisponde la necessaria forza di comunicazione e commercializzazione”
Valorizzazione e narrazione, fondamentale il ruolo del cuoco
Ecco allora che viene in soccorso l’esempio del mondo del vino, che da una disgrazia ha saputo trarre profitto in tutti i sensi. “Lo scandalo del metanolo è stato per il mondo del vino una fortuna. Può sembrare irriverente ma è così, servì a quel mondo per rilanciarsi e puntare sulla qualità. Il mondo dell’olio dovrebbe prendere esempio, approfittando di un vantaggio dato dalla percezione, a livello generale, della sua salubrità dovuta alla presenza di vitamine ed antiossidanti. E spingere così il consumatore ad associare al concetto di salubrità quello di qualità. In questo senso – conclude Chef Scibilia – è fondamentale il ruolo del cuoco, o chef che sia, il cui compito fondamentale è selezionare l’olio giusto. Valorizzandolo, anche nella narrazione”
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