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Castello del Terriccio, una storia dalle origini lontane

Una azienda che ci riporta indietro nel tempo, da quando, tra il Duecento e il Trecento, il Vescovo di Pisa (nipote di Papa Bonifacio VIII) concesse in enfiteusi la Tenuta ai Conti Gaetani. I quali ne rimasero proprietari fino alla fine del Settecento, allorquando, rimasti questi senza eredi, la tenuta venne acquistata dai principi Poniatowski (originari della Polonia)che la trasformarono in azienda agricola con produzione di grano, uva ed olive. A dare una fisionomia più simile a quella attuale sono però i Marchesi Serafini Ferri, divenuti proprietari nel 1921. Negli anni ’70 la vera svolta, Gian Annibale Rossi di Medelana (1941-2019) eredita l’azienda e decide di rifondarla. Alla sua morte gli subentra il nipote Vittorio Piozzo di Rosignano, l’attuale proprietario di Castello del Terriccio

Fine della mezzadria, la svolta

La produzione prende slancio alla fine degli anni ‘70 del secolo scorso, con la fine della mezzadria. “Con il passaggio alla conduzione diretta – spiega Vittorio Piozzo – mio zio ripensa l’azienda e pianta vigneti di Sauvignon Blanc, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot che nei nostri terroir hanno trovato la giusta espressione. Ai quali si aggiungono, negli anni ’90, Syrah, Viognier e, successivamente, Petit Verdot” Le produzioni seguono il disciplinare della lotta integrata con l’utilizzo ridotto degli agrofarmaci, pozzi e sorgenti naturali sono le fonti delle risorse idriche. Concimi a matrice organica e letame naturale sono utilizzati per l’equilibrio fisiologico delle viti, per salvaguardare la biodiversità viene mantenuto l’inerbimento a filari intercalari con semine autunnali sovesciate.

Tassinaia e ConVento , i primi vini

Tassinaia e ConVento sono i primi vini, vendemmia 1992, ideati da Gian Annibale Rossi di Medelana. “Il Tassinaia è un blend di Cabernet Sauvignon e Merlot, fresco e dalla beva immediata –prosegue Vittorio Piozzo -Dopo circa 16 mesi di affinamento in tonneaux, viene assemblato e fatto riposare in bottiglia per circa 12 mesi prima di essere commercializzato. ConVento IGT, evocativo della costante ventilazione di cui godono le vigne , è invece l’unico bianco di Castello del Terriccio ottenuto da uve Viognier e Sauvignon Blanc. Fermentato ed affinato in acciaio, è prodotto in poche migliaia di bottiglie”

Lupicaia, scommessa vinta

L’anno successivo è la volta di Lupicaia. Proveniente da un vigneto circondato da filari di eucalipto, è composto per il 40% da Cabernet Sauvignon e per il 60% da Petit Verdot. Affinato in tonneaux per 22 mesi circa, è una piccola scommessa vinta da Tenuta del Terriccio. “Nelle prime annate era presente una piccola percentuale di Merlot, che dal 2010 abbiamo sostituito con il Petit Verdot. Il risultato è un vino elegante e di grande struttura, dai sentori di cuoio e di caffèSulla falsariga del Lupicaia, il Gian Annibale IGT è il risultato di un lungo percorso di ricerca e sperimentazione sul Petit Verdot. In ultimo, Castello del Terriccio a base Syrah. “Un vino complesso ma equilibrato, caratterizzato da sentori di frutti rossi maturi e cacao”

Tra continuità e innovazione

Affinamento in tonneaux per tutti i vini e impianto a cordone speronato per le uve a bacca rossa e impianto a guyot per le uve a bacca bianca sono da sempre gli orientamenti dell’azienda. Azienda che dagli anni ’90 ha però subito una inevitabile evoluzione. “Abbiamo impiantato il Merlot a nord per contrastare il cambiamento climatico e avere così meno luce e calore, oggi abbiamo a 70 cm dal suolo vigneti che in passato si piantavano molto bassi perché il terreno cedesse calore. La ventilazione proveniente dal mare ci permette poi di avere una brezza costante sia di giorno che di notte, i vigneti sono così pervasi degli odori del bosco circostante”

Un ecosistema invidiabile, a trarne vantaggio anche la produzione di olio

L’invidiabile ecosistema di Castello dl Terriccio non comprende però solo il bosco di 7mila ettari e gli oltre 60 ettari di vigneti ma anche 200 ettari di pascolo dove vivono allo stato brado due mandrie di bovini e un uliveto con un frantoio interno. “Dalle 8.000 piante delle differenti varietà, distribuite su circa 40 ettari, ricaviamo olive che, una volta raccolte, sono immediatamente trasportate al frantoio della Tenuta. La spremitura a freddo a ciclo continuo e la mollitura entro un massimo di 24 ore evitano rischiosi intervalli tra raccolta e frangitura, la decantazione in luogo buio ed asciutto, al riparo da escursioni termiche, nei contenitori di acciaio che hanno preso il posto dei vecchi e fascinosi coppi, garantisce l’alta qualità degli 80 quintali prodotti”

Salvaguardia dell’ambiente

Da sempre attenta ai cambiamenti, da oltre cinquant’anni Castello del Terriccio adotta pratiche agronomiche orientate alla salvaguardia del territorio circostante. Come la trinciatura in loco dei residui di potatura per il recupero di sostanza organica e la lavorazione dei vigneti a file intercalari con sovescio, per evitare l’erosione del suolo nel periodo invernale e garantire il necessario apporto di azoto alle piante per la ripresa vegetativa. In vigna adotta un metodo di potatura che asseconda il naturale sviluppo dei germogli della vite, con il vantaggio di ridurre la possibilità di virosi della pianta e il conseguente utilizzo di prodotti chimici. Inoltre, da oltre trent’anni, collabora con un vivaio francese per l’analisi dei terroir presenti.

Attaccamento alle testimonianze del passato

Accanto agli strumenti più moderni, la conservazione di quelli del passato a memoria degli antichi mestieri. Come i coppi, recipienti in terracotta un tempo utilizzati per conservarvi l’olio. Espressione, peraltro, di una tradizione verso la quale la Tenuta mantiene un forte legame con la presenza ed il mantenimento di elementi che testimoniano il rispetto della Storia. Il piccolo borgo inscritto all’interno della proprietà, al quale si accede dopo aver percorso un viale alberato di quattro chilometri, ne è la prova. Completamente autosufficiente, con la sua scuola, il circolo ricreativo, la fornace, il mulino, il forno e la falegnameria, ha garantito la sopravvivenza di decine di famiglie di mezzadri fino alla fine degli anni ’70 del secolo scorso

Un patrimonio storico-culturale sempre vivo

Certo un patrimonio storico-culturale non facile da gestire, oggi quella stessa falegnameria è un moderno punto vendita. “Trovatomi all’improvviso a gestire l’attività in anni difficili, tra pandemia e guerre, ho deciso di impiegare gli spazi un tempo utilizzati dai mezzadri in attività ricettive e turistico-alberghiere” Alla realizzazione del progetto ha partecipato anche Chef Cristiano Tomei, nasce così, a fine 2021, il Ristorante Terraforte e la guest house La Marrana. “Il primo ha al suo interno una sala ristorante e lo spazio degustazione aperto sulla terrazza panoramica sovrastante la cantina con vista sui vigneti e sul Mar Tirreno. La seconda è Si una elegante villa di campagna con sette camere ed una ampia zona giorno con camino. Ricavata dal recupero della scuderia è pensata per coloro che cercano rifugio dalla frenesia cittadina

Una continuità che non si interrompe

A dominare la Tenuta, sono le vestigia del castello. La cui torre faceva nei secoli scorsi da punto di avvistamento per proteggere la popolazione circostante dagli attacchi dei pirati saraceni. La Tenuta riserva comunque sorprese capaci di rinsaldare i suoi trascorsi. “Nel corso degli scavi per la vigna storica – conclude il proprietario di Castello del Terriccio – è stato trovato un frammento di pietra sul quale era scolpito un sole. L’abbiamo portata al Museo Archeologico di Volterra, l’immagine è stata identificata di origine etrusca. Oggi quello stesso sole è disegnato sulle nostre etichette


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Francesco A. Bellini

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