Denis Lovatel, pizzaiolo già a 14 anni
Veneto di origine, milanese di adozione. Intrapresa una carriera manageriale a Milano, la frequentazione per anni di ristoranti di alto livello riaccende in lui la passione per il cibo di qualità. Avverte ben presto il richiamo delle sue montagne bellunesi, a 34 anni Denis Lovatel, classe 1975, torna ad Alano di Piave e prende in mano le redini della pizzeria di famiglia “Da Ezio”. Là dove, già a 14 anni, tutto era cominciato. “La mia prima pizza – ricorda Denis Lovatel – era stata una pizza a base rossa, con stracciatella, olive taggiasche, pomodorini confit, granella di mandorle e basilico. Mi ricordava lo stecco con le mandorle esterne ed il cuore di amarena che mangiavamo allora noi ragazzini”
Da Alano di Piave a Milano, apre “Denis”
Ma Milano ha lasciato il segno, in Denis emerge la voglia di confrontarsi con la difficile realtà del capoluogo lombardo. Nasce così “Denis”, la sua pizzeria in pieno centro (Via Statuto 16, per la precisione). “Quando ho aperto a Milano, l’estate scorsa, ho cominciato a studiare i gusti dei milanesi. Sono partito dalla pizza margherita, un classico che a Milano ben si presta alla pausa di lavoro. L’abbiamo proposta in una versione più strutturata, con varie interpretazioni. Come quella al cavolo nero, con salsiccia lievemente abbrustolita nel forno, porro fritto e fonduta di pecorino”
Una pizza diversa, frutto di una nuova concezione
Gli bastano 2-3 mesi, comincia ad osare qualcosa di più. Tra le nuove proposte, la Dolce Zola riscuote molto successo. “Abbiamo usato un simil gorgonzola, un erborinato di montagna, erbette amare come il tarassaco e cipolla caramellata per dare dolcezza. Sul finale, l’amaranto soffiato per darle croccantezza” La sua è una pizza diversa, dal basso apporto calorico. Frutto di una nuova concezione del prodotto, realizzato con ingredienti provenienti da piccole produzioni agricolo-casearie. Caratterizzata da bolle e alveolature, particolare unico nel settore, è sottile e croccante al punto giusto.
Acqua di montagna e niente sale, passaggi fondamentali
“Nell’impasto – spiega lo chef – adoperiamo acqua di montagna opportunamente filtrata, proveniente da una sorgente di natura carsica che esce da una frattura di roccia a circa 400 metri sopra il livello del mare. Il ph particolare ed il basso residuo fisso donano leggerezza e croccantezza alla pizza” A questo impasto, fatto lievitare almeno 52 ore, non viene aggiunto sale, compensato dalla sapidità delle erbe di montagna. “Le erbe spontanee che utilizziamo vengono disidratate prima di andare in cottura e sbriciolate durante la cottura. Tostandosi leggermente, danno l’effetto legno” Una concezione rivoluzionaria, dal punto di vista salutistico e dal forte impatto ambientale.
Identità e sostenibilità, principi cardine
Un impegno che è espressione dell’attenzione verso il tema della sostenibilità, alimentata anche dalla recente pandemia. “Una occasione per pensare a quale contributo dare ad un corretto consumo del cibo, per evitare lo spreco alimentare. Ho quindi creato i micro-hub, piccoli laboratori vicino ai produttori e ai fornitori di qualche ingrediente. Così favoriamo la lavorazione dell’ingrediente in loco e riduciamo l’inquinamento prodotto dal trasporto della materia prima” Attenzione alla sostenibilità manifestata anche nell’allestimento del locale, i cui arredi sono realizzati con legno di recupero e la pietra dei tavoli proviene dalle Dolomiti.
Fea di Lamon, il suo impiego esempio di economia circolare
La sensibilità sul tema è manifestata ovviamente nell’impiego degli ingredienti. Un esempio, la Fea di Lamon. “L’allevamento di questa specie di pecora, comune in provincia di Belluno, risultava poco proficua e molti allevatori lasciavano l’attività. Insieme ad un gruppo di macellai del territorio, ho dato nuova vita ad una forma di allevamento basato sul completamento del ciclo vitale della pecora” Solo al termine di esso, viene utilizzata per realizzare diverse tipologia di carne, come prosciutto, speck e salsiccia. “Con il duplice risultato di rallentare lo spopolamento della zona montana e creare una nuova economia circolare”
Ingredienti valorizzati in toto
Tutto ciò si traduce in proposte che valorizzano in toto i prodotti del territorio. Utilizzati in tutta la loro potenzialità, senza spreco. “Il Broccolo di Torbole, che cresce sul lago di Garda, ha tante foglie e pochi fiori, viene spesso consumato con un alto spreco di materia prima. Noi abbiamo fritto le foglie, con il cuore del gambo insieme ad aglio nero abbiamo realizzato una salsa dal gusto umami. Mentre la parte più dura del gambo, quella finale, l’abbiamo grattugiata sulla pizza” il risultato è la “Verticale di Broccolo”
Stagionalità delle materie prime, menù differenziati
La stagionalità delle materie prime è un altro passaggio importantissimo. “Differenzio i menù , con maggiore attenzione nel menù estivo alle erbe spontanee e preferenza in quello invernale alle radici come sedano rapa, topinambur, zucca, cavolo nero, radicchio” Tra le pizze presenti in carta, l’Agrumata. Una margherita a base mozzarella e pomodoro, cacioricotta di capra, pomodorini confit e limone grattuggiato. “L’estate scorsa ha spopolato, semplice ma di carattere. Non si fa dimenticare” Tipicamente invernale è invece quella con lo speck, patate di montagna abbrustolite e un profumo di pino mugo.
Ricerca costante, spazio alle rarità
Una ricerca costante sui prodotti, compreso l’utilizzo di qualche rarità. “Ho fatto conoscere lo speck d’alpeggio, identificato dal consumatore milanese con la montagna. E ho introdotto in cucina formaggi di malga, soprattutto il Morlacco di Montegrappa. Un presidio Slow Food della cima del Monte Grappa, un formaggio a pasta molle simile al brie ma più cremoso. E qualche volta ho utilizzato il Graukase, molto difficile da trovare in un menu milanese”
Abbinamenti non scontati, alla birra preferito il vino
Pizze mai banali, quelle di Denis Lovatel. “La mia idea è realizzare una pizza che abbia una forte identità e dia il giustovalore allepiccole produzioni agricolo-casearie delle Dolomiti” Come la Pausa Caffè, una pizza che riunisce dolce, amaro, sapido e acido. “Una classica pizza bianca sulla quale mettiamo cipolla caramellata, pancetta leggermente croccante, polvere di caffè e fonduta di pecorino” E poiché a Denis non piacciono gli abbinamenti scontati, alla pizza abbina il vino. “Dal rosso al rosato, dal frizzante ai vini acidi, senza dimenticare i fermentati in bottiglia e gli champagne prodotti da piccoli vigneron. I vini devono avere la stessa attenzione che dedico alla pizza”
Ultimo ingrediente servito davanti al cliente, rivoluzionario anche nello storytelling
Particolare non trascurabile, l’ultimo ingrediente servito dalla cameriera al tavolo davanti al cliente. Ma non su tutte le pizze, anche questa è una piccola sorpresa. “E ‘una cosa strana, per molti clienti. Ma importante. Lo stesso tempo – conclude Denis Lovatel – che io posso impiegare a farcire la pizza, lo possono utilizzare le ragazze a fare la medesima cosa al tavolo. E nel frattempo spiegare cosa c’è dietro, una occasione di dialogo con il cliente” Uno storytelling diverso, Denis Lovatel è rivoluzionario anche in questo.
© Copyright Francesco A. Bellini | Tutti i Diritti Riservati.
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