Olio evo, alimento da valorizzare
Olio extravergine d’oliva, alimento troppo spesso poco valorizzato. E non si parla solo del consumatore finale che potrebbe anche essere giustificato a non averne piena conoscenza. Si parla anche di chef e ristoratori che da anni si portano dietro usi e convinzioni che non agevolano una corretta cultura dell’olio. “E’ chiaro che il dispendio di soldi che comporta l’utilizzo di olio evo è decisamentemaggiore di quello di qualsiasi altro olio di semi. Ma la qualità del prodotto finito è un’altra cosa – sono le parole di Tano Simonato, patron di Tano Passami l’Olio a Milano – Tutto però dipende dalla consapevolezza del prodotto che si sta utilizzando, un olio evo non deve essere impiegato in una friggitrice da 20 kg di olio. Deve piuttosto friggere in un padellino, nella quantità giusta”
Abbinamenti e food cost, questioni spinose
Altra questione spinosa, gli abbinamenti. “A seconda di quello che si frigge, si deve usare un certo tipo di olio. Per friggere un gambero in pastella si deve usare necessariamente un olio ligure. Così la pastella, che già di per sé assorbe molto, risulta pulita ed asciutta. Mentre per scottare uno scampo, non si deve mai impiegare un Moraiolo, Frantoio o Correggiolo che hanno almeno 700-800 polifenoli e il cui gusto amaro uccide la dolcezza del crostaceo” A complicare tutto è poi la questione del food cost. “Tanti chef sono ancora convinti che si frigga meglio con l’olio di semi piuttosto che con olio evo. L’idea di impiegare un olio da 15 euro a bottiglia li blocca. Ma la spesa finisce dove comincia la qualità, il giusto rapporto che dovrebbe esserci in una cucina di qualità finisce quando si comincia a pensare di spendere troppo”
Carta degli oli, più apparenza che altro
Spesso però le cose vanno diversamente. “Dopo 30 anni che professo l’utilizzo dell’olio evo, guardando i risultati nel mondo della ristorazione contemporanea, temo purtroppo che ci siano scarsi margini di una evoluzione culturale – commenta quasi rassegnato Tano Simonato – L’alta ristorazione non vuole capire l’importanza dell’olio evo in cucina, nonostante qualcuno presenti anche una carta degli oli con 6-7 varietà diverse. Una scelta spesso dettata più dalla voglia di apparire che altro. Come è sbagliato avere in carta solo oli regionali, così si creano impedenze” Ma allora, non c’è proprio nessuno che impieghi un buon olio evo in cucina? “Assolutamente no, non bisogna generalizzare. A questo proposito, dobbiamo dare tanto merito ad Aimo e Nadia che quarant’anni fa sono stati tra i primissimi a Milano a fare un ottimo lavoro sull’olio”
Preparazione e confronto, passaggi necessari
Il mondo dell’olio è complesso, per affrontarlo al meglio bisogna essere preparati. Certo oggi gli strumenti per approfondire ed aggiornarsi non mancano, a cominciare da Internet che permette una raccolta facile e veloce di informazioni. Ma sembra, paradossalmente, non essere sufficiente. “Quando ho iniziato, compravo e leggevo libri. Alla lettura ho voluto affiancare esperienze all’estero, dove ho fatto conferenze per comunicare e trasmettere il valore dell’olio in cucina. Valore che ho quindi tradotto in praticapreparando piatti per alcuni ristoranti. Sono state esperienze utili e illuminanti, sia per coloro che ne hanno fruito quanto per il sottoscritto che ha così potuto confrontarsi con realtà differenti da quella italiana” Confronto che però ci costringe a prendere atto di alcune criticità del nostro mercato olivicolo.
Diffusione nel mercato domestico, l’ostacolo è la deperibilità
“Rispetto alla Spagna che è uno dei paesi più concorrenziali nei confronti dell’Italia per quanto concerne l’olio evo, grazie ad una enorme quantità di ulivi, noi riusciamo comunque a proporre una elevata qualità. Il problema è che non riusciamo a produrre in modo sufficiente da soddisfare le richieste, provenienti soprattutto dall’estero dove il nostro olio è particolarmente apprezzato” Un apprezzamento che stenta a manifestarsi nel mercato domestico, in Italia sono ancora troppo pochi i negozi dedicati all’olio evo. “L’olio è un alimento facilmente deperibile, la deperibilità governativa è di diciotto mesi mentre quella gustativa di un solo anno. Impensabile tenere il passo di un mercato come quello vitivinicolo, nel quale molti prodotti migliorano proprio con l’invecchiamento”
Mercato ancora di nicchia, la diffusione richiede adeguatezza
Inevitabile quindi che quello dell’olio evo sia ancora un mercato di nicchia. ”Servirebbe una maggiore attenzione da parte del mondo della ristorazione ad un impiego consapevole del prodotto, essenziale per la trasmissione di una cultura dell’olio che ancora stenta a decollare. Ma ancora troppo spesso vedo nelle cucine professionali una certa disattenzione nell’impiego e conservazione di una bottiglia di olio. In cucina – conclude Tano Simonato – ci vuole adeguatezza, ma non ci può essere adeguatezza se non c’è conoscenza”
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