Gorgonzola, eredità dei Bergamini
Inizialmente chiamato stracchino, poi stracchino verde, a seguire stracchino verde di gorgonzola, infine solo gorgonzola. Non se ne conosce l’esatta provenienza ma da alcune carte del XV° secolo pare fosse legato alla transumanza dei Bergamini, popolo seminomade che viaggiava tutto l’anno tra le Alpi e la Bassa Padana. “Erano montanari – ci dice Donatella Lavelli, Presidente della Pro Loco di Gorgonzola – che ai primi dell’autunno scendevano con le vacche dalla Valle Seriana e dalla Valsassina. Nel percorso per raggiungere Lodi e Cremona sostavano per circa un mese a Gorgonzola perché la città era ricca di fontanili e marcite”
Tutto parte da un errore
Con il latte in sovrabbondanza si cominciò quindi a produrre il gorgonzola. Sicuramente nato per caso, all’inizio era esclusivamente destinato alle famiglie meno abbienti. “E’ stata erroneamente mischiata la tagliata della sera precedente, ormai fredda, con la tagliata nuova. Le due diverse temperature hanno fatto sì che si formassero gli interstizi d’aria nei quali si è sviluppata la muffa diventata così una peculiare caratteristica di questo formaggio. Il fatto che venisse prodotto con lo scarto della latte appena munto ed utilizzato per fare il burro e la panna, ha però facilitato l’idea che fosse cibo di scarto. E per questo motivo destinato ai poveri”
Naviglio della Martesana e i primi caseifici
Con la costruzione del Naviglio della Martesana nel corso del XVI° secolo, la commercializzazione del gorgonzola subì un deciso impulso. “Il Naviglio portava acqua nei campi, favorendo l’agricoltura ed il quarto taglio dell’erba. Ma era anche la via preferenziale per smerciare il gorgonzola nei mercati di Milano, i bergamini lo trasportavano attraverso le enormi chiatte che vi transitavano” Un deciso vantaggio per la produzione casearia, che dal XVIII° secolo fino a metà del XX° secolo ha reso la Città di Gorgonzola capitale dell’omonimo formaggio. “Gli ottimi rapporti tra la Famiglia Serbelloni e il Ducato di Milano facilitarono la nascita di molti caseifici”
Da Milano a Novara, la produzione si sposta
Con l’esplosione di una forte industrializzazione nel XX° secolo, alle chiatte subentrarono i tram. E il Naviglio perse così la sua importanza come via di trasporto, finendo per non essere più utilizzato. Dagli anni ‘60 del secolo scorso in poi, i caseifici sparsi tra Gorgonzola e Melzo subirono una inevitabile crisi destinati alla progressiva chiusura o vendita a grandi aziende, anche straniere. “Ma la transumanza continuò e oggi il nostro latte va a Novara, divenuta centro di stagionatura nel quale si è concentrata la produzione”
2024, anno record
A renderlo inconfondibile è il caratteristico odore, da alcuni apprezzatissimo, da altri odiatissimo. Lasciato in frigo anche solo due giorni emana infatti aromi molto forti. “Ma se lo tagli fresco e lo consumi subito non sprigiona particolari odori. Nella versione dolce, per risolvere questo inconveniente, contrariamente a quanto solitamente si pensa, lo si può congelare” Sta di fatto che il gorgonzola è il secondo formaggio italiano più esportato al mondo. “Nel 2024 – sottolinea Antonio Auricchio, Presidente del Consorzio per la Tutela del Formaggio Gorgonzola – abbiamo raggiunto la cifra record di 5.280.021 forme prodotte, il 40% delle quali è destinato all’estero. Con Svizzera e Inghilterra trai i principali consumatori”
Tra gli estimatori, anche personaggi illustri
Voce importante del nostro export, il gorgonzola pare abbia avuto in passato anche illustri estimatori. “Si narra che Winston Churchill ne fosse ghiottissimo, durante il secondo conflitto mondiale avrebbe ordinato ai bombardieri della RAF di non colpire gli stabilimenti produttivi italiani” Una apprezzata prelibatezza, un momento di gioia anche in circostanze drammatiche. “Nei ristoranti del Titanic, veniva servito il gorgonzola DOP” Inevitabilmente si è reso necessario garantirne la tutela. “Come Consorzio, abbiamo protetto la Dop in 90 paesi nel mondo. Senza indietreggiare sulla qualità, con la massima attenzione alla tracciabilità” Una difesa a spada tratta del prodotto ma anche del consumatore, italiano o straniero che sia.
Trasversalità in tavola
Di tanto successo è comunque protagonista il casaro, come sottolinea il Presidente del Consorzio. “Con la sua tecnica affinata negli anni, il casaro può dare un sapore diverso al di là delle inevitabili differenze tra un latte di pianura e un latte di alta montagna” Un sapore che a tutti gli effetti risulta essere trasversale, dall’antipasto al dolce. “Può andare bene con una focaccia con la mortadella così come all’interno di un cioccolatino, passando attraverso l’abbinamento classico con la polenta oppure sostituire il parmigiano reggiano nel tortello alla zucca, bilanciandone la dolcezza data da zucca, mostarda ed amaretto. Decisamente – conclude Antonio Auricchio – di tutti i formaggi che conosco il gorgonzola è il più trasversale in assoluto”
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