La Cucina Milanese, molto più di un ricettario
Una cucina essenziale, quella milanese. Con pochi ingredienti e senza fronzoli. Restia alle contaminazioni, ma forse proprio per questo motivo non facile da trovare nella Milano contemporanea. E’ un dato di fatto che il minestrone e la cassoeula, che della cucina milanese sono la più classica espressione, siano sempre più difficilmente reperibili nei menù dei ristoranti milanesi. A ripercorrere la storia della cucina meneghina recuperando piatti e tradizioni anche dimenticate, ci pensa Fabiano Guatteri, giornalista e collaboratore di Gualtiero Marchesi, con “La Cucina Milanese” (edito da Hoepli), Un ricettario che è anche una storia del costume attraverso i secoli.
Un libro per respirare l’aria di Milano
“Non è pensato solo per suggerire esecuzioni, è un modo per respirare l’aria di Milano – sottolinea l’autore di “La cucina Milanese”- All’interno si ritrovano piatti dell’infanzia o preparazioni delle quali si è persa l’abitudine” Alcune ricette sono accompagnate da un commento, si scopre così che dei mondeghili (oggi tornati prepotentemente alla ribalta) esistono svariate versioni o che il panettone un tempo non si mangiava solo a Natale. “In passato il panettone era un dolce casalingo, con il trascorrere del tempo siamo arrivati all’attuale formato gigante che troviamo solo in negozio”
Rispolvero di pietanze dimenticate
“Il panettone come lo intendiamo oggi – prosegue Fabiano Guatteri – subisce una lievitazione molto particolare che difficilmente si ottiene a casa. Conseguenza di una concezione di pasticceria più elevata, della quale sono stati oggetto, a partire dall’inizio del secolo scorso, anche altri dolci” Ragione di più per rispolverare una lista di pietanze dimenticate o trascurate che in realtà sono capisaldi della cucina milanese. Come i Rustin Negàa, la Busecca e un dolce da bere come la Barbaiada (miscela di cioccolata, panna e caffè da gustare calda in inverno e fredda in estate) “Se qualche chef li riproponesse, tornerebbero prepotentemente sulle tavole dei milanesi”
Semplicità e piatti poveri
Proposte che comunque affondano le loro origini nella storia millenaria della città. “La cucina milanese è fatta di ricette semplici, per lungo tempo una necessità. Piatti come minestrone e polenta erano consumati delle classi meno abbienti. La polenta veniva servita come primo piatto condita con grana e burro, come guarnizione di secondi in umido, per accompagnare i formaggi cremosi come il gorgonzola. Tra Seicento e Settecento esistevano addirittura i venditori di polenta da asporto sulla quale veniva steso un velo di salsa. Con la polenta si serviva un piatto povero ma ricco di sapori come la cassoeula”
Cassouela, un tempo piatto rituale
Cassoeula, la grande assente nella maggior parte dei ristoranti a Milano. Ultimo piatto autunnale che anticipa i sapori della cucina invernale, veniva cucinata con la verdura di stagione in occasione dell’abbattimento del maiale. “La verza migliore è quella raccolta dopo le prime gelate perché la pianta, quando la temperatura è molto rigida, limita la presenza d’acqua nei tessuti fogliari aumentando la concentrazione di sali e zuccheri che ne intensificano il sapore. La cassoeula odierna è molto cambiata, e non solo per i cambiamenti climatici. Ha perso la sua ritualità, orecchie, codino e zampetti sono praticamente scomparsi”
Pesce d’acqua dolce, i gusti non sono più gli stessi
Altro grande assente dalle tavole milanesi è il pesce di acqua dolce, un tempo pescato nelle risaie, nei fiumi e nei torrenti. “Sulle nostre tavole si potevano trovare tinche, rane, anguille. E poi trote, pesciolini da friggere e da conservare in carpione. L’anguilla in carpione e i gamberi di fiume serviti con gli antipasti erano una golosità” I tempi però cambiano, e con essi anche i gusti. “Pesci come la tinca e il pesce gatto sono pesci grassi e dl gusto intenso, decisamente usciti dai gusti attuali. Oggi cerchiamo gusti più delicati come l’orata”
Michetta e piatto del giorno, la perdita delle abitudini
Altro alimento oramai introvabile, la mitica michetta. La piacevolezza di quel pane vuoto farcito con la mortadella evoca a tante generazioni ricordi di allegre merende o spuntini. Oggi è sparita, soppiantata dalla ciabatta che ne ha preso il posto. “Nella Milano multietnica certe abitudini si sono perse. Ma è anche vero che una volta oltre la michetta c’era poco altro, il pane all’olio e quello a pasta dura” Non è questa però l’unica abitudine ad essere andata persa. “Quella del piatto del giorno era una tendenza legata ad una cucina casalinga con altre esigenze. Alcuni piatti oggi non si saprebbe neanche come farli. La tempia di maiale con i ceci poi è a molti addirittura sconosciuta”
Piatti delle ricorrenze, le abitudini sono cambiate
Anche il pranzo più tradizionale come quello natalizio è profondamente cambiato, dagli anni 70 ad oggi. “Il tacchino ripieno fatto in casa è stato sostituito dal cappone preparato dal gastronomo. Mentre altri ingredienti, come il salmone servito come antipasto, si sono ormai radicati. La tradizione natalizia non è più quella di una volta” Rimanendo in tema di ricorrenze, anche i dolci delle feste hanno accusato il cambio di abitudini. “Chiacchiere e colombe erano dolci tradizionalmente popolari, da quando sono prodotti in pasticceria sono diventati elitari. Il pan de mej è diventato introvabile, se non in provincia”
Dai banchetti medievali alle moderne trattorie, la matrice è la stessa
Lo trascorrere dei secoli e i cambiamenti che gli hanno accompagnati ha comunque sempre visto come protagonisti i ceti abbienti, sono loro che hanno lasciato la matrice della cucina milanese sin dal Medioevo. “Quando i signori di Milano, Sforza o Visconti che fossero, organizzavano scenografici banchetti aperti a tutti per ingraziarsi le simpatie del popolo, si trovavano tutti quei piatti che si sarebbero trovati, in tempi più recenti, sulle tavole di ristoranti e trattorie. Anche se i gusti sono andati modificandosi, da agrodolce e molto speziato allora ad una netta separazione di dolcezza e sapidità in epoca moderna”
Una cucina pragmatica, ma non per questo popolare
“Solo i ceti abbienti potevano permettersi il risotto con l’ossobuco o la cotoletta con la carne di vitello. Scelta, quest’ultima, legata al fatto che la cucina milanese ha sempre preferito la carne bianca con i quali si preparano ossibuchi, rustin, scaloppine, vitello tonnato, cassoeula. Una cucina anche golosa ma sempre pragmatica, che procede per sottrazione e concede poco all’estetica. Ma non per questo popolare”
Un tempo espressione della città, oggi bisogna andarsela a cercare
Una cucina che ha le proprie basi nell’età moderna ma si definisce e prende coscienza di sé in età contemporanea. “Una vera patente di milanesità a partire dalla quale alcuni piatti vengono definiti “alla milanese” prende forma dal Settecento in poi, emblematica è la storia del risotto che trova compiutezza e coscienza solo nell’Ottocento” Resta il fatto che un tempo la cucina milanese era espressione della città, bastava entrare in un qualsiasi ristorante per trovarne i piatti tipici. Oggi la situazione è decisamente diversa. “La cucina milanese di oggi – conclude Fabiano Guatteri – a Milano è un po’ impalpabile, siamo giunti al paradosso che per ritrovarla bisogna andarsela a cercare” Ma si sa, chi cerca trova.
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